domenica 30 dicembre 2012

Happy New Year !

Chiudiamo il 2012 con i migliori auguri a tutti i lettori, ai visitatori, ai clienti, agli amici (ed ai nemici, siamo buoni noi...), ringraziamo tutti per essere passati al Grano e Sale, per aver mangiato con noi, oppure per aver ci dedicato  qualche minuto qui, su questo Blog, che chiude anche il suo primo anno, e vi aspettiamo - se volete - per passare la Notte di san Silvestro da noi, in pizzeria!



A tutti  auguriamo di cuore BUON ANNO NUOVO, e che il  2013 sia pieno di gioia, pace, salute e di sogni realizzati!
Immaginate ora di essere a New York, a Times Square, per la classica caduta della sfera che inaugura il 2013, ed allora cosa c'è di meglio che iniziare l'anno con un classico ?
Ecco la mia versione favorita di Auld Lang Syne, con la splendida Lea Michele....

Auguri da me, Chiara e tutti collaboratori di Grano e Sale e del blog.

venerdì 21 dicembre 2012

Scienza vs. tradizione: la fisica contro Babbo Natale

Dopo aver brevemente - e speriamo piacevolmente -  illustrato nel post precedente  la tradizione legata a San Nicola, e quindi  le sue "trasformazioni" nel tempo e nel mondo, vorrei dedicare questo piccolo post pre-natalizio ad un altro aspetto, diciamo più leggero legato alla figura di Babbo Natale: il suo immane, eroico sforzo di combattere contro le leggi della fisica per fare felici tutti i bambini del mondo.

Lo spunto viene da una celebre - ed ormai datata - ricerca effettuata da un gruppo di allegri studenti di fisica,  forse americani (ma qui la memoria - seppur recente - si è persa..) e sembra  nata per scherzo, seppure con tutti i crismi della ricerca scientifica  con il fact checking e le formule giuste insomma.

Molti di voi la conosceranno già, ma visto che "repetita juvant" in questo clima fresco  natalizio pensavamo di  trascorrere le poche ore che restano al 25 Dicembre con qualche sana risata.



PROVA SCIENTIFICA CIRCA L'IMPOSSIBILITA' DELL'ESISTENZA DI BABBO NATALE.


Nessuna specie conosciuta di renna può volare. Ci sono però 300.000 specie di organismi viventi ancora da classificare e, mentre la maggioranza di questi organismi è rappresentata da insetti e germi, questo non esclude completamente l'esistenza di renne volanti che solo Babbo Natale ha visto.
Ci sono due miliardi di bambini (sotto i 18 anni) al mondo. Dato però che Babbo Natale non tratta con bambini Musulmani, Hindu, Buddisti e Giudei, questo riduce il carico di lavoro al 15% del totale, cioè circa 378 milioni.

Con una media di 3,5 bambini per famiglia, si ha un totale di 98,1 milioni di locazioni. Si può presumere che ci sia almeno un bambino buono per famiglia.Babbo Natale ha 31 ore lavorative, grazie ai fusi orari e alla rotazione della terra, presumendo che viaggi da Est verso Ovest.
Questo porta ad un calcolo di 822,6 visite per secondo. Questo significa che, per ogni famiglia Cristiana con almeno un bambino buono, Babbo Natale ha circa un millesimo di secondo per:

  1. trovare parcheggio (cosa questa semplice, dato che può parcheggiare sul tetto e non ha problemi di divieti di sosta);
  2. saltare giù dalla slitta;
  3. scendere dal camino;
  4. riempire le calze;
  5. distribuire il resto dei doni sotto l'albero di Natale;
  6. mangiare ciò che i bambini mettono a sua disposizione;
  7. risalire dal camino;
  8. saltare sulla slitta;
  9. decollare per la successiva destinazione.
Ipotizzando che le abitazioni siano distribuite uniformemente (che sappiamo essere falso, ma accettiamo per semplicità di calcolo), stiamo parlando di 1.248 Km per ogni fermata, per un viaggio totale di 120 milioni di Km.Questo implica che la slitta di Babbo Natale viaggia a circa 1040 Km/sec, a 3000 volte la velocità del suono. Per comparazione, la sonda spaziale Ulisse (la cosa più veloce creata dall'uomo) viaggia appena a 43,84 Km/sec, e una renna media a circa 30 Km/h. Il carico della slitta aggiunge un altro interessante elemento:



Ipotizzando che ogni bambino riceva una scatola media di Lego (del peso di circa 1 Kg), la slitta porta circa 378.000 tonnellate, escludendo Babbo Natale (notoriamente sovrappeso).
Sulla terra, una renna può esercitare una forza di trazione di circa 150 Kg.Anche assumendo che una "renna volante" possa trainare 10 volte tanto, non è possibile muovere quella slitta con 8 o 9 renne, ne serviranno circa 214.000.Questo porta il peso, senza contare la slitta, a 575.620 tonnellate. Per comparazione, questo è circa 4 volte il peso della nave Queen Elizabeth II.

Sicuramente 575.620 tonnellate che viaggiano alla velocità di 1040 Km/sec generano un'enorme resistenza. Questa resistenza riscalderà le renne allo stesso modo di una astronave che rientra nell'atmosfera. Il paio di renne di testa assorbirà 14,3 quintilioni di Joule per secondo.

In breve si vaporizzerà quasi istantaneamente, esponendo il secondo paio di renne e creando assordanti onde d'urto (bang) soniche. L'intero team verrà vaporizzato entro 4,26 millesimi di secondo.

CONCLUSIONE: se Babbo Natale fosse mai esistito, ora sicuramente è morto!


E' un gioco, una burla, sia ben chiaro che NOI a Babbo Natale ci crediamo eh !! 

BUONE FESTE ! ! !

giovedì 6 dicembre 2012

Da San Nicola a Santa Claus


Ovvero: delle metamorfosi di Babbo Natale

 Il 6 Dicembre segna inevitabilmente l’inizio dei festeggiamenti legati al Natale, e – più in generale – alla fine dell’anno solare, celebrando il primo Santo che dispensa doni ai bambini, seguito (sempre nel mese di dicembre) da Santa Lucia, Gesù  Bambino, ed infine (a Gennaio) dai re Magi.
Ma chi era San Nicola? E come mai nel tempo è diventato Santa Claus, ovvero il nostro Babbo Natale?



San Nicola, Vescovo di Myra visse nell'attuale Turchia del 3° secolo, ed è uno dei primi vescovi cristiani ufficiali eletti dopo l'editto di Costantino.
Dopo la morte parte delle sue spoglie furono portate a Bari (da cui l’appellativo San Nicola di Bari) e la venerazione popolare presto lo accostò al mondo infantile, questo perché del Santo veniva ricordato un miracolo in cui si fece benefattore di alcune ragazze nubili in difficoltà economica, che rischiavano di essere vendute dal padre come schiave.
Nicola raccolse del denaro e lo lasciò proprio fuori dalla porta, ma poi in alcune rappresentazioni medievali i  suoi doni saranno lasciati all'interno di scarpe nuove per le ragazze, scarpe che con il passare del tempo si trasformeranno in calze, proprio come quelle che si appendono al camino!



Da Bari, attraverso il porto ed i collegamenti marittimi col Nord Europa, il santo lentamente viene venerato anche come protettore dei marinai: le prue delle navi occidentali spesso sono intarsiate con la sua effige in abiti vescovili e barba lunga.
In quasi ogni città portuale, anche dove c'è solo un porto fluviale, nascono chiese dedicate a San Nicola (persino a Berlino, c'è il quartiere di san Nicola, uno dei più antichi della città sulla Sprea), ed i marinai cominciano ad esportare effigi del santo anche oltre oceano.



La sua iconografia è semplice: magro, con la mitra (nel senso di cappello e non arma..) e bastone pastorale, l'abito è bianco e rosso, ma il rosso è ancora sporadico.
In Europa, soprattutto nel Nord, il santo continua ad essere invece associato ai bambini ed alla distribuzione di doni, soprattutto ai bambini buoni, e col tempo gli viene associato anche un losco aiutante, che in Germania chiamano Ruprecht, a metà strada tra un Troll ed un diavolo (retaggio pagano) che invece deve spaventare i bambini cattivi!



La figura si associa quindi al 35 Dicembre solo "occasionalmente", visto che il 6 Dicembre è l'inizio dei festeggiamenti dell'avvento cristiano, ma di lì a farne un vero e proprio distributore di dolci passeranno anni, anzi secoli..

Marinai olandesi ed inglesi nel frattempo hanno esportato la figura anche in America, con il nome di Sankt Nikolaus, nome ostico per gli americani (era già successo con le polpettine di carne amburghesi, Hamburger Klopse che i locali ribattezzarono velocemente hamburger..) e quindi tendono a chiamarlo solo Saint Claus, poi - per una strana evoluzione - Santa Claus.



La figura è però ancora marginale, finchè - all'inizio del 20° secolo - l'aspetto moderno di Santa Claus assume la forma definitiva grazie ad una sua raffigurazione contenuta nella pubblicazione della poesia "Una visita di San Nicola", ora più nota con il titolo La notte di Natale (The Night Before Christmas), avvenuta sul giornale Sentinel nel 1823.



Santa Claus vi viene descritto come un signore un po' tarchiato con otto renne, che vengono nominate (per la prima volta in questa versione) con i nomi di Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen.

Le immagini di Santa Claus si sono ulteriormente fissate nell'immaginario collettivo grazie al suo uso nelle pubblicità natalizie della Coca Cola. La popolarità di tale immagine ha fatto sì che si diffondessero varie leggende urbane che attribuivano alla Coca-Cola l'invenzione stessa di Santa Claus.
È, vero che l'immagine della Coca-Cola e quella di Santa Claus sono sempre state molto vicine, poiché - pur non inventandolo - viene comunemente rappresentato con i colori bianco e rosso: originariamente il vestito di Santa Klaus era infatti di colore verde, ma fu proprio con il marchio Coca Cola ad assumere gli odierni colori, come una lattina di Coca Cola!



Ecco quindi che il vecchio vescovo turco, magro e quasi ascetico, torna in Europa (dopo la seconda guerra mondiale) quale paffutello vecchietto di rosso vestito !

giovedì 29 novembre 2012

I sapori contadini in Umbria

Nella settimana che va dal 27  Novembre al 7 dicembre Grano e Sale si trasforma per qualche giorno  in una vera e propria "aia"  contadina, con la prima edizione della Festa di campagna. Ogni sera il menù propone infatti sapori, profumi, suggestioni (e persino giochi) legati alla nostra tradizione contadina, con tanto di gara della "pesa ad occhio" del prosciutto, come nelle migliori tradizioni delle feste rurali.



La festa di Grano e Sale  ci da' l'occasione di fare un breve excursus su alcuni punti forti della tradizione culinaria (ed alimentare in genere) del nostro territorio, quello  Narnese . nello specifico - che si inserisce nella più vasta tradizione Umbro-sabina.

L'Italia centrale è sempre stata una sorta di "cerniera" culturale tra il nord longobardo ed il  sud latino-mediterraneo, un territorio che ha assorbito usi alimentari da entrambe le zone, mescolandoli a modo suo, creando un ibrido culinario che nei secoli ha rappresentato la sua vera identità culturale-alimentare.
Gli storici dell'alimentazione (tra cui massimo Montanari) amano parlare di linee alimentari che sin dall'antichità hanno caratterizzato la penisola: al nord la linea maiale-burro (o lardo) - cereali, a sud quella grano-ulivo-vite, rifacendosi alle coltivazioni ed agli alimenti più in voga sin dall'alto medioevo-
Il nord "longobardo" (e precedentemente celtico) si caratterizza per la cacciagione, l'allevamento del maiale, l'essiccazione delle carni, e l'uso smoderato di grassi animali per il condimento delle vivande, tra cui il lardo (e successivamente il burro) la fanno da padroni.



La bassa incidenza iniziale della vite (poi impiantata dai romani..) porta ad usare vari cereali per preparare bevande alcoliche simili alla birra - come già spiegato in questo post di qualche tempo fa' - di cui i sovrani romano-barbari vanno pazzi.

La supremazia del maiale tra le carni è testimoniata dall'importanza che i Longobardi davano all'allevamento suino in Italia, con tanto di "ufficiali" addetti al loro mantenimento in Umbria e Toscana (l'arciporcaro), ed infatti molto frequenti sono i toponimi legati alla loro presenza anche nel nostro territorio: Borgaria ad esempio, o  Portaria (presso terni), sono entrambi etimi "ingentiliti" da Porcaria.



La tradizione è molto antica; frequenti sono infatti le raffigurazioni dei maiali (o cinghiali) nelle tombe delle popolazioni Umbre, ed il ritrovamento di bronzetti votivi nella necropoli di Pentima, accanto a figure umane, ne è testimone.



In Umbria si sviluppa quindi la lavorazione della carne di maiale, Norcia diventa la "capitale" dell'arte che proprio da questa città prenderà il nome, la norcineria appunto.



I salumi umbri sono sin dal medioevo sinonimo di qualità, la carne di maiale si cucina, si sala per la conservazione, si trasforma, si include in ogni pietanza, e viene consumata in quasi tutte le stagioni, sebbene la tradizionale "spaccatura del maiale" avvenga proprio all'inizio dell'inverno, a dicembre, quando le famiglie si  riuniscono nel casolare per preparare la carne, salarla, trasformarla in salsicce, prosciutti ecc, un'operazione che dalle nostre parti avviene  ancora oggi, nel solco di una tradizione conviviale - contadina secolare.

L'Umbria però - dicevamo - è una cerniera tra nord e sud, e la vasta presenza di ulivi (con tutta la valenza simbolica di questa pianta, basti pensare a san Francesco..) sulle nostre colline determina da sempre il secondo grande "segno" culinario: l'olio d'oliva.


E' singolare che nei trattati di cucina medievali umbri il condimento a base di sale e lardo (anche per la conservazione della carne) venga spesso accostato all'uso dell'olio appunto, una convivenza pacifica tra i due Principi della tavola contadina, che qui non sembrano "bisticciare" per la supremazia come avveniva altrove in Italia.

L'olio ed il grano quindi, e conseguentemente l'altra grande invenzione della cucina contadina: le zuppe di pane ed  olio e - soprattutto - la bruschetta, l'alfa e l'omega dell'alimentazione popolare da sempre, la koinè alimentare dell'Italia centrale, la perfetta coniugazione dei 2 elementi mediterranei presenti in queste terre: l'olio ed il pane.
La bruschetta - così come la pizza - è la base, il minimo indispensabile, il primo contatto del pane (quello umbro senza sale è il migliore allo scopo...) con l'olio nel frantoio, dopo la scottatura nel forno, con la semplice aggiunta di un pizzico di sale e pochissimo aglio, ma questa è solo la sua condizione "basic", sicuramente  la più genuina, originale. Poi però arriva il resto: i pomodorini, i formaggi, addirittura la nobilitazione del povero pasto con il tartufo o i vari patè ecc...
La bruschetta è democratica, non ammette alto o basso, è nobile e popolare al tempo stesso, secondo i gusti!



Ecco quindi  che la Festa di Campagna di Grano e Sale non è solo una ghiotta occasione conviviale, bensì un ennesimo passo nel solco di questa nostra tradizione secolare, verso la soddisfazione del palato e - perchè no? - dell'anima.

lunedì 19 novembre 2012

L'italiano che si parla (e si mangia) a Brooklyn

Ricordate il post dedicato alla cucina italiana negli States? In quell'occasione avemmo modo di chiarire qualche dubbio riguardo alla "percezione" della tradizione italiana negli USA, alla ricerca delle "deviazioni" culinarie che la nostra cara cucina ha subito nei secoli da quelle parti, ed oggi vogliamo fornirvi un esempio molto caratterizzante di questa italianità a stelle e strisce, avvalendoci di parole e musica.



Partiamo da un film: una delle opere "cult" di Woody Allen è senza dubbio "Broadway Danny Rose", del 1984, opera in cui proprio un ristorante, il Carnegie Delicatessen Restaurant di New York, gioca un ruolo chiave: qui infatti  si incontrano i personaggi che ricorderanno le gesta "eroiche" del semi-fallito talent scout Danny Rose, con tenerezza ed allegria, e che rappresentano un po' il coro di questa commedia umana dello show business di New York.

I personaggi mangiano italiano, molti di loro sono di origine italiana, altri invece ebrei (come il protagonista ed Allen stesso d'altronde, regista che deve molto all'umorismo Yiddisch di Graucho Marx..) e comunque tutti orgogliosamente Newyorchesi che amano la cucina italiana sopra ogni cosa.

La colonna sonora della loro chiacchierata iniziale è una canzone di un curioso crooner italo-americano, tale Nick Apollo Forte, che canterà lo stesso pezzo anche durante un pranzo di cerimonia - come si addice alla tradizione dei matrimoni italo-americani - più avanti nel film.
La canzone in questione si chiama "Agita" e la lingua usata è un curiosissimo mix di italiano ed inglese nella pura tradizione di Brooklyn, un testo che vale la pena trascrivere qui:


“Agita“
(by Nick Apollo Forte)

Una two!
Agita
My cumpà in the panzo
When I eat, he gets a treat
Like a canzò
He enjoys every meal
Every bite that I steal
Agita
My cumpà in the panzò

Za da da da da|boom cha boom cha

Some people like their pizza, some people like-a suffrite
And others like hot pepper on everything they eat
You’ll hunger with a vuole to taste that baccalà
Then all at once you think, ”Will I answer to cumbà?”

Ba ba ba ba bum|cha cha dum

My lovely, lovely woman, I hate to see her cry
But when I start to mangia, I get the evil eye
My vuole’s getting stronger
Ah, the hell with my cumpà
Then I get it from my woman, che te pozzeno schiattà

Agita
My cumpà in the panzo
When I eat, he gets a treat
Like a canzoò
He enjoys every meal
Every bite that I steal
Agita
My cumpà in the panzò....

Nel testo si nota una radice dialettale imprecisa, come spesso avviene per la percezione degli americani dei nostri dialetti (in una serie famosa, i Griffin, il parlare/gesticolare imitando l'italiano è ritenuto sufficiente per farsi capire...) e parole tipo "cumpà" e "panzo", ma anche termini gastronomici come pizza, suffritte e baccalà e persino una parolaccia (non percepita tale però dagli americani) come    "Che te pozzeno schiattà" !

Insomma: l'immaginario culinario italiano negli USA si è a lungo nutrito anche di queste commistioni tra italiano ed inglese, e la musica, il cinema e persino la TV fanno la loro parte per tramandare una sorta di "affettuoso pregiudizio" sulla vera natura dell'italianità.

domenica 11 novembre 2012

San Martino: tradizioni e folklore nel tempo

L'11 Novembre è tradizionalmente dedicato a San Martino, ed a questo giorno - così come al Santo - sono legati proverbi e tradizioni spesso  legate alla stagionalità...

 


E' infatti noto come -anche dalle nostre parti, in Umbria - questo giorno sia dedicato all'assaggio del primo vino novello dell'anno, accompagnato dalla degustazione delle tipiche caldarroste, e spesso per questa occasione si organizzano sagre e feste della castagna e del vino novello un po' in tutta l'Italia centrale.



San Martino è un Santo popolare sin dal medioevo, e molte tradizioni, modi di dire e comportamenti "rituali" sono ancora legati al suo nome:  i primi giorni di Novembre da sempre rappresentano una porta dell'inverno, soprattutto nel mondo contadino, e quindi subito dopo la Notte di Halloween, il mondo rurale si appresta a vivere il suo inverno.


Ecco un breve elenco delle tradizioni più curiose:

L'estate di San Martino: è il nome con cui viene indicato il periodo autunnale in cui, dopo le prime gelate, si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore. Il nome Estate di San Martino è condiviso con le culture ispaniche, mentre nei paesi anglosassoni questo periodo viene chiamato Indian Summer (Estate indiana)



Fare San Martino: è un modo di dire diffuso soprattutto al Nord, nella pianura padana ad esempio, e significa traslocare o trasferirsi, ma anche, in senso più ampio, cambiare luogo di lavoro.
L'origine di questa frase fatta risale ad alcuni secoli fa ed aveva un riscontro pratico in un periodo in cui  gran parte della popolazione attiva della pianura era occupata da contadini.

L'anno lavorativo dei contadini terminava a inizio novembre e, nel caso in cui il padrone (proprietario dei campi e della cascina) non avesse rinnovato il contratto con il bracciante per un altro anno, questo era costretto a trovarsi un nuovo impiego altrove, presso un'altra cascina. In tal caso doveva abbandonare la casa (anch'essa di proprietà del padrone) e trasferirsi nella nuova dimora, con tutta la famiglia al seguito. La data scelta per il trasloco era quasi sempre l'11 novembre, per tradizione e per ragioni climatiche (appunto grazie all'estate di cui sopra..).



San Martino è la festa dei cornuti: anche in questo caso la tradizione è legata al mondo rurale. In questo periodo infatti, dopo la copertura dei campi, in attesa dell'inverno, si tenevano tradizionalmente le fiere ed i mercati del bestiame (traccia se ne conserva con la fiera dei cavalli a Verona in questo periodo, ad esempio...), per cui mentre i mariti andavano in fiera a vedere e saggiare animali cornuti (buoi e tori..) a casa le mogli erano libere di cornificare i consorti.



N.B. il famoso proverbio: "Per un punto Martin perse la Cappa" non ha nulla a che vedere col Santo di Tours! Molti infatti legano erroneamente  il mantello (la cappa) del famoso miracolo ad un'altra tradizione, dove si narra di un frate di nome Martino che aveva scritto sulla porta d'ingresso di un monastero una frase nella quale c'era un punto collocato fuori posto, capovolgendone completamente il senso.

La frase incriminata avrebbe dovuto essere trascritta così: Porta patens esto. Nulli claudatur honesto (La porta sia aperta. A nessuna persona per bene sia chiusa). 
Quella errata suonava invece in questo modo: Porta patens esto nulli. Claudatur honesto (la porta non sia aperta a nessuno. Sia chiusa alle persone dabbene).

Per l'errore commesso, Martino perse la cappa, cioè il priorato. La stessa frase 'Per un punto Martin perse la cappa' viene citata oggi per indicare la perdita, per una disattenzione, di qualcosa importante desiderata.

giovedì 1 novembre 2012

Un pezzetto di Baviera in Umbria (foto album)

Ora che il mese di Ottobre è finito, lasciando lo spazio a Novembre, anche la nostra Oktoberfest è giunta al termine, ma c'ha lasciato il retrogusto dell'ottima Paulaner, tanta allegria e molte  "good vibrations", che la nostra Chiara ha diligentemente immortalato in queste foto:

Le nostre Kellnerinnen alla mescita 

Massimo il  Bavarese in Lederhosen !

Strani Bavaresi con improbabili cappelli...

Prosit !

Vere bionde pseudo Bavaresi !

L'allegria della Paulaner

Mahlzeit ! ( buon appetito )

Quando il gioco si fa duro....

Grano e Sale trasformata in una Brauhaus

Il borsellino perfetto !

Probabilmente  un montanaro delle Alpi bavaresi..


Ed infine la nostra fotografa e collaboratrice in perfetto outfit bavarese: Chiara !!

Auf wiedesehen ed  alla prossima !





mercoledì 24 ottobre 2012

Di zucche, fantasmi e streghe: Halloween

Halloween si avvicina a grandi passi: la notte delle streghe è quel momento dell'anno in cui la porta dell'aldilà si apre per qualche ora e ci permette di sbirciare nella notte, sperando che dall'altra parte però non abbiano la stessa intenzione e vogliano guardare nel nostro mondo !
Come possiamo proteggerci dai fantasmi e dagli spiriti cattivi che potrebbero spaventarci nella notte di Samhain? Ma con le zucche, ovvio !


La tradizione moderna di Halloween è un  tipico prodotto di quelle mitologie "di rimbalzo", che partono dall'Europa (in tempi remoti, in questo caso grazie ai Padri Pellegrini, nel 17° secolo) per arrivare in America, per poi tornare da noi, aggiornate ed "Hollywoodizzate" per bene.

Quello che fu il "Capodanno celtico" di Samahin, vero climax della spiritualità occidentale nell'Europa pre-cristiana, si trasforma nei secoli in una notte rituale, un po' come  il suo contrappunto estivo: il solstizio d'estate che si abbinerà ai riti dedicati a San Giovanni.


In Irlanda ed in una parte dell'Inghilterra (dove le radici celtiche sono ancora oggi molto solide, come  in Galles ed  in Cornovaglia..) la notte tra il 31 Ottobre ed il 1 Novembre ha sempre rappresentato un momento sacro, una sorta di cesura tra i mesi della luce e quelli delle tenebre, e tradizionalmente proprio in questa notte gli spiriti del passato possono accedere al nostro mondo, e quindi gli uomini si preparano ad accogliere con amore e tenerezza i propri  congiunti, ma temono che tra gli spiriti buoni, casalinghi, si celi anche qualche spirito malvagio, non invitato, né desiderato!


Il Cristianesimo degli esordi ha adottato questa celebrazione sin dai suoi primi anni, ma vi ha sovrapposto 2 festività altrettanto "potenti", atte a distruggere la memoria pagana, che sopravviveva soprattutto tra i contadini (non a caso il termine per contadino in inglese è peasant, che richiama il termine Pagan..): il giorno di Ognissanti (trasformando i vecchi spiriti in  Santi) e la celebrazione dei morti.
I nomi cambiano, le tradizioni però restano vive, ed allora si crea una sorta di sincretismo celebrativo, per cui in molte manifestazioni religiose cristiane riecheggiano ancora le tradizioni pagane: le fave dei morti richiamano infatti il tributo gastronomico che ogni famiglia doveva ai propri morti, che - passando a visitare le case di vivi - potevano cibarsi della frutta secca lasciata dalla famiglia sulla finestra.
In molti pesi dell'America latina, in Messico ed in centro America questa tradizione è ancora viva grazie ai cosiddetti Dia de los Muertos.




Ma allora cosa c'entra la zucca con  Halloween?
Qui dobbiamo riallacciarci alla tradizione tutta irlandese del famoso Jack della lanterna, ovvero Jack 'o lantern: Jack fu un peccatore ed un ubriacone, che più volte rischiò di perdere l'anima per colpa del diavolo, ma che riuscì sempre - con l'inganno - a liberarsi di Satana. La sua scaltrezza però non gli permise di andare in Paradiso (poichè peccatore convinto) ma nemmeno all'Inferno, visto che il diavolo non volle più avere a che fare con lui, e così si vendicò di Jack costringendo la sua anima a vagare senza sosta tra terra ed aldilà, nella notte, munito solo di una rapa scavata in cui venne inserita una fiamma, a mo' di lanterna.
Quindi, inizialmente, la verdura utilizzata come lanterna era la rapa, ma quando la leggenda - grazie agli Irlandesi - giunse in  America, questa fu sostituita da una più comune zucca americana, e la storia trovò nuova linfa nella tradizione e nella storia orale degli Stati Uniti.


Come già accaduto per San Nicola - riciclato in  Santa Claus - la versione Hollywoodiana della storia si è lentamente appropriata del nostro immaginario collettivo grazie ai libri ed al cinema USA ed Halloween ha "colonizzato" anche la cattolica Italia, con tanto di streghe, fantasmi e zucche, ovunque, come nei migliori horror americani.
P.S. La zucca di Halloween svolge un ruolo importante anche in cucina negli USA, ecco - ad esempio - QUI una classica ricetta americana a base di zucca, la celebre Pumpkin Pie.


Buon appetito ed attenti ai fantasmi ! 

lunedì 15 ottobre 2012

L'Oktoberfest arriva a Narni (nel mese giusto !)

Ora che grazie ai due post precedenti (questo il primo, e questo il secondo, per i più sbadati..) sappiamo quasi tutto dell'Oktoberfest di Monaco, possiamo godercela direttamente a casa, assaporandone atmosfere, colori, suoni e soprattutto godendoci un po' della sua Birra ufficiale: la mitica Paulaner !
Il tutto comodamente a casa nostra, ovvero nel ristorante pizzeria Grano e Sale, dal 16 al 26 Ottobre, in tempo per poter festeggiare insieme, senza rischiare di perdersi nemmeno una goccia di birra.


Il menù della festa comprende alcune portate tipiche dell'evento bavarese, tra cui il pollo arrosto ("A hoibas Hendl" in dialetto bavarese), lo stinco alla birra ("Schweinshaxen") le Bretzn'  e gli immancabili Wursten !

La regina della nostra Oktoberfest sarà però la Paulaner Oktoberfest Bier, una delle birre più bevute ed universalmente celebrate durante la festa di Monaco.



La storia della birra Paulaner è strettamente legata alla città di Monaco ed alla sua festa principale; il suo nome invece ne rivendica le radici "conventuali": la prima produzione risale infatti al 1634, quando i Frati dell'ordine di san Francesco da Paola (da cui il nome Paulaner) cominciano a produrre la bevanda per il loro convento bavarese.
Secondo la tradizione un tale Frate Barnaba si distinse poi come Biermeister (mastro birraio) e nel 1773, creò la birra Heiligvater, che procurava un senso di sazietà e probabilmente anche una certa allegria, da cui successivamente si ricavò la ”Salvator“, che si beve ancora oggi in tutto il mondo: forte e scura, non troppo dolce, robusta, maltata e assolutamente unica.




La Paulaner è stata una delle birre ad accedere alla Wiesn' in occasione dell'Oktoberfest, con un prodotto esclusivo, pensato proprio per l'occasione: l'Oktoberfest Bier appunto.  Una birra dal gusto corposo che si abbina straordinariamente alle specialità bavaresi come il pollo arrosto o lo stinco di maiale. Con una gradazione alcolica pari a 6% , quindi leggermente più forte della birra chiara. 




Oggi la Paulaner ha una sua birreria / ristorante a Monaco, ma i suoi prodotti possono essere gustati in tutto il mondo, visto che è una delle birre tedesche maggiormente amate ed esportate, e la sua fama è legata anche alla squadra del Bayern Monaco, a cui è legata da molti anni: in occasione delle vittorie della squadra bianco rossa la Paulaner da sempre organizza feste e celebrazioni. Ad esempio nel 2008, l’anno della doppietta (campionato e coppa di Germania), i tifosi hanno potuto festeggiare al Viktualienmarkt di Monaco con 19.000 litri di birra !





Per tutti questi motivi, e per altri ancora, la Paulaner resta la Regina dell'Oktoberfest, ed in questi giorni Sua Maestà è in visita proprio a Narni, e vi aspetta dal 16 al 26 Ottobre alla Pizzeria Grano e Sale

Prost Paulaner !

domenica 7 ottobre 2012

Della moderazione a tavola. Oppure no?

Una lettura "trasversale" dei menù tipici della cucina italiana, nel corso del tempo, può offrici  l'opportunità di di capire meglio non solo all'evoluzione del gusto a tavola, bensì anche il concetto stesso di portata e di convivio nei secoli.
L'era moderna ha infatti visto una sorta di "restringimento" delle vivande a tavola, e non solo per motivi economici, ma spesso anche per ricercare un corretto rapporto "fisiologico" tra l'offerta di cibo e la sazietà dell'ospite, a casa così come nei locali pubblici.

Si va perdendo, in questo senso, la  memoria degli eterni banchetti conviviali tra amici e parenti, soprattutto in occasione di cerimonie importanti (battesimi, cresime e - soprattutto - nozze), tipici di una certa tradizione contadina e proto industriale, di cui abbiamo una vasta esperienza proprio nella nostra Umbria.



La modernità, i tempi più veloci (che hanno dato origine alla cultura del fast food nel mondo), alcuni problemi economici e - grazie a Dio - una maggior consapevolezza alimentare nelle famiglie: tutti questi aspetti hanno contribuito a diminuire il carico calorico ed il numero delle vivande a tavola, spingendoci a prediligere  forme di convivialità più consone ai tempi ed alla salute, tra cui la classica "pizzata" tra amici la fa da padrone, proprio nell'accezione di una scelta più consapevole e sana.



Le occasioni di presenziare a veri e propri banchetti "pantagruelici" si fanno quindi sempre più rare, anche grazie al successo che la nouvelle cuisine ha avuto nel mondo, se non altro nella rappresentazione delle vivande, nell'arte di posizionare il cibo (a volte quasi simbolico) al centro di enormi piatti da portata, desolatamente vuoti...



Dobbiamo dire però che la situazione - soprattutto in Umbria - non è stata sempre così: se andiamo a rileggere la storia dei banchetti storici, allora possiamo fare delle scoperte interessanti, e verificare che persino il pranzo di nozze più ricco e lungo, a cui potremmo pensare, è una passeggiata di salute, un semplice antipasto per giganti al confronto di altre tavole ed altri stomaci!



Tra le fonti locali c'è un poeta/cuoco vissuto ad Orvieto nel 14° secolo: Simone Pudenziani (o Prudenziani, secondo la grafia), noto per aver descritto in alcuni sonetti veri e propri banchetti, creando componimenti  in rima molto interessanti sia per gli storici della lingua italiana che  per gli studiosi di cucina medievale.
Eccone un piccolo estratto, tanto per capire come (e quanto)  si mangiasse in un classico banchetto del '300 in Umbria, un elenco che farebbe impallidire persino il più "verace" bei nostri banchetti ed i nostri stomaci ! !

Da: Il Saporetto
di Simone Prudenziani da Orvieto

"Tortelli in scutella e bramangeri
suppa francesca, lasagne e 'ntermesso
raviol prima e poi ce vennr 'l lesso
polli, somata, segnali e pevieri
Poi capriuoli e lepori in civieri
tordi, piccioni, starne arosto apresso
cum vin vermigli et arance cum esso
poi palmiscione, tartare e pastieri.
Bianchi savori, verdi e camelli
composta, olive conce qui se ne pone
per far nostri apetiti agusi e fini.
pere cotte e tragea quivi sone
uva passa,mele appie e nocelline
poi anace, confetta e 'l ciantellone."

Succar = zucchero
Tragea o Trasea = una sorta di confetti minutissimi
Annasi = anici
Chiarera = vino chiaretto
Somata = lonza di porco messa sotto sale
Segnali = cinghiali
Pevieri o Pivieri = uccelli della famiglia dei trampolieri
Composta = conserva di varie frutte
Ciantellone = buon bicchiere di vino

Buon Appetito !