San Valentino - vista anche la "territorialità" del Santo ternano - val bene un post, anzi una riflessione veloce, seppure attenta, e dopo aver cercato tra i meandri della storia, scorso le pagine migliori della letteratura universale, dopo aver letto parole, parole, parole, ho finalmente colto la vera essenza dell'Eros (diverso dall'Agape) così come lo intende l'uomo moderno, con tutta la "sovrastruttura" romantica che si associa al termine.
Ho trovato la pietra angolare dell'amore (ma era facile in realtà...), ben nascosta tra centinaia di alte pietre, a delimitare un muro di cinta di un giardino, incastonata, sghemba, vicino ad altri mattoni, a prima vista insignificante, grigia, anzi di un ocra sporco, appena toccata da un piede che cerca un appiglio per superare quel limite invalicabile dell'odio e del pericolo, per giungere sotto ad una finestra, e - di notte - godere della visione di un sole che sorge, e che annienta la luna con il suo splendore inatteso, come in una eclissi all'incontrario.
Tutte le parole, gli aggettivi, i sostantivi, tutti i sospiri, i mugugni, le risa e le lacrime, tutte le metafore del mondo, le iperboli ed i simboli, tutto ciò che scriviamo, pensiamo, sogniamo di notte e di giorno, rapiti dall'immagine del nostro desiderio, tutte le lettere scritte e mai spedite, tutti i graffiti insensati pieni di sigle, tutti i lagnosi TVB, tutti gli osceni 6MSC dipinti sui muri, tutti i lucchetti sacrificati sui ponti, tutti gli scarabocchi vergati sui diari durante le pigre lezioni di latino, tutte le poesie infantili, le frasi rubate, le citazioni inattese trascritte furtivamente su fogli volanti, tutti gli incarti di baci Perugina lasciati tra le pagine dei libri amati, a mo' di segnalibro, tutte le canzoni, tutti i musicals, i film natalizi e quelli Valentiniani, tutte le soap operas e le serie tv, insomma tutto lo scibile umano che attiene all'amore rappresentato nasce da questa breve scena, e dal dialogo che ne segue, scritto attorno al 1596:
giovedì 14 febbraio 2013
domenica 3 febbraio 2013
Maestro Martino
Uno tra i più importanti cuochi tra il tardo Medioevo ed il Rinascimento è sicuramente Martino de Rubeis, noto come Maestro Martino, nato attorno al 1430 probabilmente nel Canton Ticino, attivo a Milano, nella Longobardia medievale, durante la seconda metà del 15° secolo, ed autore di uno dei testi culinari più rinomati della storia della cucina: il Liber de Arte Coquinaria, che - malgrado il titolo latino - raccoglie centinaia di ricette in lingua volgare, e che ha segnato la gastronomia italiana per molti secoli.
Raramente ci pervengono i nomi di cuochi e gastronomi dal passato, e quei pochi noti alla storia (Apicio il più noto) sono spesso legati a molte funzioni: preparatori di cibo, gastronomi, "studiosi" del cibo in generale, per cui è arduo stabilire una discriminante tra semplici artigiani e preparatori di pietanze e veri cuochi.
Questo trend non migliora nel Medioevo, le ricette che vengono trascritte nei vari trattati spesso sono anonime (come nel Liber de Coquina dell'inizio del 14° secolo, e fonte anche per alcune ricette di Mastro Martino), in quanto ciò che importa è la loro validità e certamente non l'originalità, che viene -anzi - vista con sospetto, perchè non sperimentata dal popolo!
La lettura di Mastro Martino ci dà anche uno spaccato delle abitudini sociali, conviviali del suo tempo: nel libro si descrivono le pietanze, ma anche le modalità della preparazione della tavola, addirittura commenti circa gli ospiti a cui alcune pietanze sono destinate (per il popolo, per i nobili ecc...) sottolineando quindi -come ci ha ben spiegato Massimo Montanari nelle sue opere - che il valore simbolico, di "casta" del cibo è spesso di gran lunga maggiore del suo valore intrinseco!
Molte pietanze citate nel ricettario di Mastro Martino sono entrate nella tradizione culinaria italiana, seppure qui, attorno al 1400, vengono preparate con ingredienti diversi, e spesso con condimenti diversi ! Piuttosto comune in quest'epoca è infatti l'uso di accostare salse dolci a cibi salati, ed alternare l'aspro ed il dolciastro (tradizione tipica della Roma antica) nelle pietanze.
Vi proponiamo un esempio di ricetta "classica" della cucina italia tout court nella preparazione e con le parole di Maestro Martino: quei Maccaroni che hanno caratterizzato per secoli addirittura il popolo italiano in senso stretto:
un pocho più grossa che quella de le lasagne, et avoltola intorno ad
un bastone. Et dapoi caccia fore il bastone, et tagliala la pasta larga
un dito piccolo, et resterà in modo de bindelle, overo stringhe.
Et mitteli accocere in brodo grasso, overo in acqua secundo il tempo.
Et vole bollire quando gli metti accocere. Et se tu gli coci in acqua
mettevi del butiro frescho, et pocho sale. Et como sonno cotti mittili
in piattelli con bono caso, et butiro, et spetie dolci.
Raramente ci pervengono i nomi di cuochi e gastronomi dal passato, e quei pochi noti alla storia (Apicio il più noto) sono spesso legati a molte funzioni: preparatori di cibo, gastronomi, "studiosi" del cibo in generale, per cui è arduo stabilire una discriminante tra semplici artigiani e preparatori di pietanze e veri cuochi.
Questo trend non migliora nel Medioevo, le ricette che vengono trascritte nei vari trattati spesso sono anonime (come nel Liber de Coquina dell'inizio del 14° secolo, e fonte anche per alcune ricette di Mastro Martino), in quanto ciò che importa è la loro validità e certamente non l'originalità, che viene -anzi - vista con sospetto, perchè non sperimentata dal popolo!
La lettura di Mastro Martino ci dà anche uno spaccato delle abitudini sociali, conviviali del suo tempo: nel libro si descrivono le pietanze, ma anche le modalità della preparazione della tavola, addirittura commenti circa gli ospiti a cui alcune pietanze sono destinate (per il popolo, per i nobili ecc...) sottolineando quindi -come ci ha ben spiegato Massimo Montanari nelle sue opere - che il valore simbolico, di "casta" del cibo è spesso di gran lunga maggiore del suo valore intrinseco!
Molte pietanze citate nel ricettario di Mastro Martino sono entrate nella tradizione culinaria italiana, seppure qui, attorno al 1400, vengono preparate con ingredienti diversi, e spesso con condimenti diversi ! Piuttosto comune in quest'epoca è infatti l'uso di accostare salse dolci a cibi salati, ed alternare l'aspro ed il dolciastro (tradizione tipica della Roma antica) nelle pietanze.
Vi proponiamo un esempio di ricetta "classica" della cucina italia tout court nella preparazione e con le parole di Maestro Martino: quei Maccaroni che hanno caratterizzato per secoli addirittura il popolo italiano in senso stretto:
Maccaroni romaneschi.
Piglia de la farina che sia bella, et distemperala et fa' la pastaun pocho più grossa che quella de le lasagne, et avoltola intorno ad
un bastone. Et dapoi caccia fore il bastone, et tagliala la pasta larga
un dito piccolo, et resterà in modo de bindelle, overo stringhe.
Et mitteli accocere in brodo grasso, overo in acqua secundo il tempo.
Et vole bollire quando gli metti accocere. Et se tu gli coci in acqua
mettevi del butiro frescho, et pocho sale. Et como sonno cotti mittili
in piattelli con bono caso, et butiro, et spetie dolci.
sabato 19 gennaio 2013
Pane e companatico
Oggi parliamo un po' del pane: l'alfa e l'omega della cucina italiana, uno degli elementi fondamentali della nostra dieta, senza ombra di dubbio.
Chiunque abbia viaggiato (e mangiato) all'estero conosce bene quella sensazione di mancanza di pane a tavola, a fronte di piatti ricchi e succulenti, vogliosi di pane per fare la classica "zuppetta" (il Gulasch ungherese, gli arrosti con salsa tedeschi, le minestre francesi, persino la paella con quel sugo finale...) i gentili camerieri portano a tavola una o due fette di un misero pan brioche che a malapena ci stuzzicano il palato.
E' proprio il caso di dire: altri paesi, altri gusti....!
Per noi Italiani, e soprattutto per l'area mediterranea, il pane da sempre rappresenta una costante a tavola: sin dalla cucina dell'antica Roma, per passare attraverso il medioevo e l'età moderna, il pane - in tutti i suoi colori e le sue forme - non può mancare a tavola, perchè sostanza e simbolo del pasto.
Il legame tra la nostra cultura ed il pane è già nella lingua: l'italiano infatti è l'unica lingua ad aver coniato il termine companatico, ovvero "con il pane" proprio per sottolineare il fatto che l'elemento base è il pane, ciò che vi si accompagna poi è secondario.
Non è raro che nell'alto medioevo, ad esempio, alcune carestie fossero provocate (anche) dalla spasmodica ricerca di altri cereali per fare il pane: di fronte all'impossibilità di raccogliere il grano, il popolo non prendeva nemmeno in considerazione la possibilità di cambiare la dieta (con un po'di pesce, carne di "quinto taglio" ed altro) ma voleva preparare il proprio pane macinando spesso radici sconosciute erbe velenose e tutto ciò che poteva assumere un spetto vagamente simile all'impasto per pane, ma tali miscugli spesso portavano alla formazione di ulcere e persino all'avvelenamento!
Quando si parla di pane nella nostra cultura, bisogna anche ricordare il suo valore simbolico-religioso: il pane è il corpo di Cristo, e come tale sacro, non va mai sprecato; il pane è l'unico alimento che entra prepotentemente addirittura nella preghiera cristiana più diffusa, quel "Pater Noster" in cui si invoca il "pane quotidiano come segno di vita e benessere familiare. A questo riguardo si può ricordare come già nella tradizione ebraica il pane gioca un ruolo importante nelle benedizioni, come nel Qaddish, o nella benedizione nota come Birkat ha-Shenim, in cui si dice: " Benedici per noi questo pane,
nostro Dio"
Nelle rappresentazioni dell'ultima Cena (anche nelle versioni pittoriche, tra cui la celebre versione Leonardesca) il pane - insieme al vino - è l'elemento alimentare più visibile, ed associabile a Gesù stesso.
Insomma: la cristianità nasce con il culto del pane, e gettere o rifiutare il pane (su cui spesso viene incisa una croce ancora oggi...) è un peccato, quindi non è un caso che l'uomo abbia "inventato" molte ricette di "recupero" in cui il pane vecchio si ricicla e diventa base per zuppe, bruschette, ribollite, dolci, ed altri pasti nobili della tradizione popolare.
La lingua italiana testimonia anche l'importanza del pane come "metro" di purezza e bontà: modi di dire e proverbi sono ricchi di riferimenti al pane, e spesso a quello bianco, in opposizione a quello nero, povero, fatto di cereali bassi, destinato alle mense del basso ceto, mentre nei conventi e nelle sale dei signori abbonda il pane bianco.
La leggenda del Pese di Cuccagna a questi proposito oppone il pane bianco, della festa, a quello nero, della quotidianità, e chiaramente il sogno di ogni uomo è quello di assaggiare il candido pane di grano, magari accompagnato da selvaggina e sughi complicati e preziosi!
E' curioso poi come, nel tempo, il pane nero sia stato rivalutato, anche grazie alla riscoperta dei cereali "alternativi" ed alla spinta del Nord Europa, dove il pane nero (Schwarzbrot in tedesco) è di gran lunga più usato del bianco.
Insomma: l'Italia è senza dubbio il paese del pane, ed insieme al pane si sono sviluppate le focacce, le piadine, le ciambelle e tutto ciò che ci caratterizza nella cultura alimentare, fino all'ultima maglia di questa lunga catena, forse la più nobile e diffusa: la Pizza!
Chiunque abbia viaggiato (e mangiato) all'estero conosce bene quella sensazione di mancanza di pane a tavola, a fronte di piatti ricchi e succulenti, vogliosi di pane per fare la classica "zuppetta" (il Gulasch ungherese, gli arrosti con salsa tedeschi, le minestre francesi, persino la paella con quel sugo finale...) i gentili camerieri portano a tavola una o due fette di un misero pan brioche che a malapena ci stuzzicano il palato.
E' proprio il caso di dire: altri paesi, altri gusti....!
Per noi Italiani, e soprattutto per l'area mediterranea, il pane da sempre rappresenta una costante a tavola: sin dalla cucina dell'antica Roma, per passare attraverso il medioevo e l'età moderna, il pane - in tutti i suoi colori e le sue forme - non può mancare a tavola, perchè sostanza e simbolo del pasto.
Il legame tra la nostra cultura ed il pane è già nella lingua: l'italiano infatti è l'unica lingua ad aver coniato il termine companatico, ovvero "con il pane" proprio per sottolineare il fatto che l'elemento base è il pane, ciò che vi si accompagna poi è secondario.
Non è raro che nell'alto medioevo, ad esempio, alcune carestie fossero provocate (anche) dalla spasmodica ricerca di altri cereali per fare il pane: di fronte all'impossibilità di raccogliere il grano, il popolo non prendeva nemmeno in considerazione la possibilità di cambiare la dieta (con un po'di pesce, carne di "quinto taglio" ed altro) ma voleva preparare il proprio pane macinando spesso radici sconosciute erbe velenose e tutto ciò che poteva assumere un spetto vagamente simile all'impasto per pane, ma tali miscugli spesso portavano alla formazione di ulcere e persino all'avvelenamento!
Quando si parla di pane nella nostra cultura, bisogna anche ricordare il suo valore simbolico-religioso: il pane è il corpo di Cristo, e come tale sacro, non va mai sprecato; il pane è l'unico alimento che entra prepotentemente addirittura nella preghiera cristiana più diffusa, quel "Pater Noster" in cui si invoca il "pane quotidiano come segno di vita e benessere familiare. A questo riguardo si può ricordare come già nella tradizione ebraica il pane gioca un ruolo importante nelle benedizioni, come nel Qaddish, o nella benedizione nota come Birkat ha-Shenim, in cui si dice: " Benedici per noi questo pane,

Nelle rappresentazioni dell'ultima Cena (anche nelle versioni pittoriche, tra cui la celebre versione Leonardesca) il pane - insieme al vino - è l'elemento alimentare più visibile, ed associabile a Gesù stesso.
Insomma: la cristianità nasce con il culto del pane, e gettere o rifiutare il pane (su cui spesso viene incisa una croce ancora oggi...) è un peccato, quindi non è un caso che l'uomo abbia "inventato" molte ricette di "recupero" in cui il pane vecchio si ricicla e diventa base per zuppe, bruschette, ribollite, dolci, ed altri pasti nobili della tradizione popolare.
La lingua italiana testimonia anche l'importanza del pane come "metro" di purezza e bontà: modi di dire e proverbi sono ricchi di riferimenti al pane, e spesso a quello bianco, in opposizione a quello nero, povero, fatto di cereali bassi, destinato alle mense del basso ceto, mentre nei conventi e nelle sale dei signori abbonda il pane bianco.
La leggenda del Pese di Cuccagna a questi proposito oppone il pane bianco, della festa, a quello nero, della quotidianità, e chiaramente il sogno di ogni uomo è quello di assaggiare il candido pane di grano, magari accompagnato da selvaggina e sughi complicati e preziosi!
E' curioso poi come, nel tempo, il pane nero sia stato rivalutato, anche grazie alla riscoperta dei cereali "alternativi" ed alla spinta del Nord Europa, dove il pane nero (Schwarzbrot in tedesco) è di gran lunga più usato del bianco.
Insomma: l'Italia è senza dubbio il paese del pane, ed insieme al pane si sono sviluppate le focacce, le piadine, le ciambelle e tutto ciò che ci caratterizza nella cultura alimentare, fino all'ultima maglia di questa lunga catena, forse la più nobile e diffusa: la Pizza!
lunedì 7 gennaio 2013
In cammino lungo il 2013
The
Road Not Taken
Two roads diverged in
a yellow wood,
And sorry I could not
travel both
And be one traveler,
long I stood
And looked down one as
far as I could
To where it bent in
the undergrowth;
Then took the other,
as just as fair,
And having perhaps the
better claim,
Because it was grassy
and wanted wear;
Though as for that the
passing there
Had worn them really
about the same,
And both that morning
equally lay
In leaves no step had
trodden black.
Oh, I kept the first
for another day!
Yet knowing how way
leads on to way,
I doubted if I should
ever come back.
I shall be telling
this with a sigh
Somewhere ages and
ages hence:
Two roads diverged in
a wood, and I—
I took the one less
traveled by,
And that has made all
the difference.
Robert Frost
La strada che non presi
Due strade
divergevano in un bosco giallo
e peccato non poterle percorrere entrambe
essendo un solo viaggiatore, a lungo restai
a guardarne una finchè potei.
fin quando sparì,
nella vegetazione
Poi presi
l’altra, perché era altrettanto bella,
e forse di migliore aspetto,
perché più erbosa e meno consumata,
sebbene poi il passaggio lì
le avesse consumate
quasi ugualmente.
Ed entrambe
quella mattina lì stavano, uguali,
e le foglie che nessun passo aveva annerito.
Oh, mi tenni
la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitando che sarei mai tornato.
Lo
racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.
Robert
Frost
(traduzione mia)
domenica 30 dicembre 2012
Happy New Year !
Chiudiamo il 2012 con i migliori auguri a tutti i lettori, ai visitatori, ai clienti, agli amici (ed ai nemici, siamo buoni noi...), ringraziamo tutti per essere passati al Grano e Sale, per aver mangiato con noi, oppure per aver ci dedicato qualche minuto qui, su questo Blog, che chiude anche il suo primo anno, e vi aspettiamo - se volete - per passare la Notte di san Silvestro da noi, in pizzeria!
A tutti auguriamo di cuore BUON ANNO NUOVO, e che il 2013 sia pieno di gioia, pace, salute e di sogni realizzati!
Immaginate ora di essere a New York, a Times Square, per la classica caduta della sfera che inaugura il 2013, ed allora cosa c'è di meglio che iniziare l'anno con un classico ?
Ecco la mia versione favorita di Auld Lang Syne, con la splendida Lea Michele....
Auguri da me, Chiara e tutti collaboratori di Grano e Sale e del blog.
A tutti auguriamo di cuore BUON ANNO NUOVO, e che il 2013 sia pieno di gioia, pace, salute e di sogni realizzati!
Immaginate ora di essere a New York, a Times Square, per la classica caduta della sfera che inaugura il 2013, ed allora cosa c'è di meglio che iniziare l'anno con un classico ?
Ecco la mia versione favorita di Auld Lang Syne, con la splendida Lea Michele....
Auguri da me, Chiara e tutti collaboratori di Grano e Sale e del blog.
venerdì 21 dicembre 2012
Scienza vs. tradizione: la fisica contro Babbo Natale
Dopo aver brevemente - e speriamo piacevolmente - illustrato nel post precedente la tradizione legata a San Nicola, e quindi le sue "trasformazioni" nel tempo e nel mondo, vorrei dedicare questo piccolo post pre-natalizio ad un altro aspetto, diciamo più leggero legato alla figura di Babbo Natale: il suo immane, eroico sforzo di combattere contro le leggi della fisica per fare felici tutti i bambini del mondo.
Lo spunto viene da una celebre - ed ormai datata - ricerca effettuata da un gruppo di allegri studenti di fisica, forse americani (ma qui la memoria - seppur recente - si è persa..) e sembra nata per scherzo, seppure con tutti i crismi della ricerca scientifica con il fact checking e le formule giuste insomma.
Molti di voi la conosceranno già, ma visto che "repetita juvant" in questo clima fresco natalizio pensavamo di trascorrere le poche ore che restano al 25 Dicembre con qualche sana risata.
PROVA SCIENTIFICA CIRCA L'IMPOSSIBILITA' DELL'ESISTENZA DI BABBO NATALE.
Nessuna specie conosciuta di renna può volare. Ci sono però 300.000 specie di organismi viventi ancora da classificare e, mentre la maggioranza di questi organismi è rappresentata da insetti e germi, questo non esclude completamente l'esistenza di renne volanti che solo Babbo Natale ha visto.
Ci sono due miliardi di bambini (sotto i 18 anni) al mondo. Dato però che Babbo Natale non tratta con bambini Musulmani, Hindu, Buddisti e Giudei, questo riduce il carico di lavoro al 15% del totale, cioè circa 378 milioni.
Con una media di 3,5 bambini per famiglia, si ha un totale di 98,1 milioni di locazioni. Si può presumere che ci sia almeno un bambino buono per famiglia.Babbo Natale ha 31 ore lavorative, grazie ai fusi orari e alla rotazione della terra, presumendo che viaggi da Est verso Ovest.
Questo porta ad un calcolo di 822,6 visite per secondo. Questo significa che, per ogni famiglia Cristiana con almeno un bambino buono, Babbo Natale ha circa un millesimo di secondo per:
Ipotizzando che ogni bambino riceva una scatola media di Lego (del peso di circa 1 Kg), la slitta porta circa 378.000 tonnellate, escludendo Babbo Natale (notoriamente sovrappeso).
Sulla terra, una renna può esercitare una forza di trazione di circa 150 Kg.Anche assumendo che una "renna volante" possa trainare 10 volte tanto, non è possibile muovere quella slitta con 8 o 9 renne, ne serviranno circa 214.000.Questo porta il peso, senza contare la slitta, a 575.620 tonnellate. Per comparazione, questo è circa 4 volte il peso della nave Queen Elizabeth II.
Sicuramente 575.620 tonnellate che viaggiano alla velocità di 1040 Km/sec generano un'enorme resistenza. Questa resistenza riscalderà le renne allo stesso modo di una astronave che rientra nell'atmosfera. Il paio di renne di testa assorbirà 14,3 quintilioni di Joule per secondo.
In breve si vaporizzerà quasi istantaneamente, esponendo il secondo paio di renne e creando assordanti onde d'urto (bang) soniche. L'intero team verrà vaporizzato entro 4,26 millesimi di secondo.
CONCLUSIONE: se Babbo Natale fosse mai esistito, ora sicuramente è morto!
E' un gioco, una burla, sia ben chiaro che NOI a Babbo Natale ci crediamo eh !!
Lo spunto viene da una celebre - ed ormai datata - ricerca effettuata da un gruppo di allegri studenti di fisica, forse americani (ma qui la memoria - seppur recente - si è persa..) e sembra nata per scherzo, seppure con tutti i crismi della ricerca scientifica con il fact checking e le formule giuste insomma.
Molti di voi la conosceranno già, ma visto che "repetita juvant" in questo clima fresco natalizio pensavamo di trascorrere le poche ore che restano al 25 Dicembre con qualche sana risata.
PROVA SCIENTIFICA CIRCA L'IMPOSSIBILITA' DELL'ESISTENZA DI BABBO NATALE.
Nessuna specie conosciuta di renna può volare. Ci sono però 300.000 specie di organismi viventi ancora da classificare e, mentre la maggioranza di questi organismi è rappresentata da insetti e germi, questo non esclude completamente l'esistenza di renne volanti che solo Babbo Natale ha visto.
Ci sono due miliardi di bambini (sotto i 18 anni) al mondo. Dato però che Babbo Natale non tratta con bambini Musulmani, Hindu, Buddisti e Giudei, questo riduce il carico di lavoro al 15% del totale, cioè circa 378 milioni.
Con una media di 3,5 bambini per famiglia, si ha un totale di 98,1 milioni di locazioni. Si può presumere che ci sia almeno un bambino buono per famiglia.Babbo Natale ha 31 ore lavorative, grazie ai fusi orari e alla rotazione della terra, presumendo che viaggi da Est verso Ovest.
Questo porta ad un calcolo di 822,6 visite per secondo. Questo significa che, per ogni famiglia Cristiana con almeno un bambino buono, Babbo Natale ha circa un millesimo di secondo per:
- trovare parcheggio (cosa questa semplice, dato che può parcheggiare sul tetto e non ha problemi di divieti di sosta);
- saltare giù dalla slitta;
- scendere dal camino;
- riempire le calze;
- distribuire il resto dei doni sotto l'albero di Natale;
- mangiare ciò che i bambini mettono a sua disposizione;
- risalire dal camino;
- saltare sulla slitta;
- decollare per la successiva destinazione.
Ipotizzando che ogni bambino riceva una scatola media di Lego (del peso di circa 1 Kg), la slitta porta circa 378.000 tonnellate, escludendo Babbo Natale (notoriamente sovrappeso).
Sulla terra, una renna può esercitare una forza di trazione di circa 150 Kg.Anche assumendo che una "renna volante" possa trainare 10 volte tanto, non è possibile muovere quella slitta con 8 o 9 renne, ne serviranno circa 214.000.Questo porta il peso, senza contare la slitta, a 575.620 tonnellate. Per comparazione, questo è circa 4 volte il peso della nave Queen Elizabeth II.
Sicuramente 575.620 tonnellate che viaggiano alla velocità di 1040 Km/sec generano un'enorme resistenza. Questa resistenza riscalderà le renne allo stesso modo di una astronave che rientra nell'atmosfera. Il paio di renne di testa assorbirà 14,3 quintilioni di Joule per secondo.
In breve si vaporizzerà quasi istantaneamente, esponendo il secondo paio di renne e creando assordanti onde d'urto (bang) soniche. L'intero team verrà vaporizzato entro 4,26 millesimi di secondo.
CONCLUSIONE: se Babbo Natale fosse mai esistito, ora sicuramente è morto!
E' un gioco, una burla, sia ben chiaro che NOI a Babbo Natale ci crediamo eh !!
BUONE FESTE ! ! !
giovedì 6 dicembre 2012
Da San Nicola a Santa Claus
Ovvero:
delle metamorfosi di Babbo Natale
Ma chi era
San Nicola? E come mai nel tempo è diventato Santa Claus, ovvero il nostro
Babbo Natale?
San Nicola, Vescovo di Myra visse nell'attuale Turchia del 3° secolo, ed è uno dei primi vescovi
cristiani ufficiali eletti dopo l'editto di Costantino.
Dopo la
morte parte delle sue spoglie furono portate a Bari (da cui l’appellativo San Nicola di
Bari) e la venerazione popolare presto lo accostò al mondo infantile, questo perché del
Santo veniva ricordato un miracolo in cui si fece benefattore di alcune ragazze
nubili in difficoltà economica, che rischiavano di essere vendute dal padre come schiave.
Nicola raccolse del denaro e lo lasciò proprio fuori dalla
porta, ma poi in alcune rappresentazioni medievali i suoi doni saranno lasciati all'interno di scarpe
nuove per le ragazze, scarpe che con il passare del tempo si trasformeranno in
calze, proprio come quelle che si appendono al camino!
Da Bari,
attraverso il porto ed i collegamenti marittimi col Nord Europa, il santo
lentamente viene venerato anche come protettore dei marinai: le prue delle
navi occidentali spesso sono intarsiate con la sua effige in abiti vescovili e barba lunga.
In quasi
ogni città portuale, anche dove c'è solo un porto fluviale, nascono chiese
dedicate a San Nicola (persino a Berlino, c'è il quartiere di san Nicola, uno
dei più antichi della città sulla Sprea), ed i marinai cominciano ad esportare
effigi del santo anche oltre oceano.
La sua
iconografia è semplice: magro, con la mitra (nel senso di cappello e non
arma..) e bastone pastorale, l'abito è bianco e rosso, ma il rosso è ancora
sporadico.
In Europa,
soprattutto nel Nord, il santo continua ad essere invece associato ai bambini
ed alla distribuzione di doni, soprattutto ai bambini buoni, e col tempo gli
viene associato anche un losco aiutante, che in Germania chiamano Ruprecht, a metà strada tra un Troll ed
un diavolo (retaggio pagano) che invece deve spaventare i bambini cattivi!
La figura si
associa quindi al 35 Dicembre solo "occasionalmente", visto che il 6 Dicembre è
l'inizio dei festeggiamenti dell'avvento cristiano, ma di lì a farne un vero e
proprio distributore di dolci passeranno anni, anzi secoli..
Marinai
olandesi ed inglesi nel frattempo hanno esportato la figura anche in America,
con il nome di Sankt Nikolaus, nome ostico per gli americani (era già successo
con le polpettine di carne amburghesi, Hamburger
Klopse che i locali ribattezzarono
velocemente hamburger..) e quindi
tendono a chiamarlo solo Saint Claus, poi - per una strana evoluzione - Santa
Claus.
La figura è
però ancora marginale, finchè - all'inizio del 20° secolo - l'aspetto moderno
di Santa Claus assume la forma definitiva grazie ad una sua raffigurazione
contenuta nella pubblicazione della poesia "Una visita di San
Nicola", ora più nota con il titolo La notte di Natale (The Night Before
Christmas), avvenuta sul giornale Sentinel nel 1823.
Santa Claus
vi viene descritto come un signore un po' tarchiato con otto renne, che vengono
nominate (per la prima volta in questa versione) con i nomi di Dasher, Dancer,
Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen.
Le immagini
di Santa Claus si sono ulteriormente fissate nell'immaginario collettivo grazie
al suo uso nelle pubblicità natalizie della Coca Cola. La popolarità di tale
immagine ha fatto sì che si diffondessero varie leggende urbane che
attribuivano alla Coca-Cola l'invenzione stessa di Santa Claus.
È, vero che
l'immagine della Coca-Cola e quella di Santa Claus sono sempre state molto
vicine, poiché - pur non inventandolo - viene comunemente rappresentato con i
colori bianco e rosso: originariamente il vestito di Santa Klaus era infatti di
colore verde, ma fu proprio con il marchio Coca Cola ad assumere gli odierni
colori, come una lattina di Coca Cola!
Ecco quindi
che il vecchio vescovo turco, magro e quasi ascetico, torna in Europa (dopo la
seconda guerra mondiale) quale paffutello vecchietto di rosso vestito !
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