La fine di Aprile e l'inizio di Maggio a Narni sono indissolubilmente legati alla Festa con la F maiuscola: i festeggiamenti in onore del Patrono San Giovenale, il corteo, la corsa in campo, i musici, gli spettacoli e le taverne.
E' l'occasione giusta, allora, per parlare un po' del vino, la bevanda principe del medioevo, insidiata dalla cervogia, ma solo nel nord Italia, mentre il resto dello stivale resta fortemente ancorato al succo d'uva, che però si beveva in un modo molto differente da ciò che ci immaginiamo.
Ecco allora qualche spunto di riflessione, e qualche curiosità al riguardo:
Durante i primi anni del
Medioevo, nei territori un tempo occupati
dai Romani, la produzione di vino diminuisce ed allora lo sviluppo della viticoltura si deve in gran parte ai conventi,
che lentamente si trasformano in veri e propri centri vitivinicoli, ad opera di monaci che
sin dall'inizio si dedicarono alla nobile arte del vino, in quanto elemento
indispensabile durante la messa e simbolo liturgico del sangue di Cristo.
Questo contribuì notevolmente all'espansione della viticoltura anche in molte zone dove essa non era propriamente parte delle tradizioni locali, ma la coltivazione
della vite è solo uno dei tanti aspetti e dei tanti lavori portati avanti nei
monasteri , anche se tra i più importanti e redditizi...
Il vino
medievale era suddiviso in tre qualità:
La prima - il "vino" vero e
proprio - era ottenuta con una blanda spremitura e produceva un succo naturale
e corposo; questo era il prodotto migliore e solo i ricchi potevano permetterselo.
La
seconda spremitura, più vigorosa, offriva un succo di qualità inferiore, il "vinello"
probabilmente bevuto dal clero.
Infine la terza, che generava un quasi vino
chiamato "acquerello", consumato dai poveri e ricavato aggiungendo
acqua alla poltiglia delle vinacce.
Per rinforzare gli aromi, il vino medievale
era spesso "condito" ripetutamente - così come in passato - con erbe,
spezie, miele e assenzio, mentre per essere conservato fino a tre o quattro
anni veniva bollito, pena la perdita dei tre quarti della sua qualità.
Aldilà di queste "adulterazioni" bisogna ricordare che il vino nel medioevo raramente viene bevuto puro, forse perchè troppo forte, e quindi l'annacquamento della bevanda è comune, tanto frequente che lo stesso verbo che oggi usiamo per descrivere l'atto di versare il vino mescere, deriva proprio dall'uso di mescolare vino ed acqua!
Durante i secoli che caratterizzano il medioevo vino, e soprattutto il
"buon" vino, è sinonimo di ricchezza e prestigio, e
l'eccellere nella produzione di qualità diventa per alcuni ordini ecclesiastici
quasi una ragione di vita.
I Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano
famosi per il loro vino e per il consumo - non proprio moderato - che ne
facevano.
I "Carmina Burana" descrivono - ironicamente - la bontà del vino del convento, che però è riservato solo all'abate ed ai priori, mentre il popolino è costretto a bere il vinello.
Il potere della "vermiglia bevanda", diventa ben presto bersaglio
satirico del popolo costretto alla sua astinenza. Con il consueto lazzo di
spirito popolare, ecco una versione "alcolica" del Pater Noster,
tradotta dal latino:
"Padre Bacco che sei nei boccali,
sian santificate le tue vendemmie,
venga il tuo tempo di fermentazione,
facci ben bere del buon vino quotidiano,
offri a noi grandi bevute come noi le rioffriremo ad
altri,
inducici con le tue tentazioni aromatiche,
e liberaci dall'acqua."
Dopo
il Mille, accanto alla viticoltura ecclesiastica e signorile, si affianca
quella della nascente borghesia mercantile che intravedeva nella produzione e
nel commercio dei vini nuove strade per profitti sicuri e redditizi. Da genere
destinato all'alimentazione e agli usi liturgici, il vino diviene un bene
ricercato, moneta di scambio e fonte di ricchezza per produttori e
commercianti.
Ecco una ricetta di una celebre bevanda a base di vino nel Medioevo:
Ippocrasso Vino
medievale
Ingredienti:
1 litro di
vino rosso (ma si può fare anche col bianco), miele liquido 200 g, cannella in
stecca pestata 8 g, zenzero fresco sbucciato e tagliato a fettine 8 g (sarebbe
meglio altrettanta galanga, che assomiglia allo zenzero ma è più delicata, però
è difficile da trovare), pochi grani del paradiso pestati (anche loro sono
difficili da trovare, se non li trovate, sostituiteli con cardamomo).
Versate il
vino in una brocca. Mescolate in una ciotola tutte le spezie, aggiungetele al
vino assieme al miele e miscelate. Lasciate riposare per almeno 12 ore, ma
anche 2 giorni, più riposa meglio è. Filtrate e passate in frigorifero, va
servito a 10° di temperatura.
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