La festa di Grano e Sale ci da' l'occasione di fare un breve excursus su alcuni punti forti della tradizione culinaria (ed alimentare in genere) del nostro territorio, quello Narnese . nello specifico - che si inserisce nella più vasta tradizione Umbro-sabina.
L'Italia centrale è sempre stata una sorta di "cerniera" culturale tra il nord longobardo ed il sud latino-mediterraneo, un territorio che ha assorbito usi alimentari da entrambe le zone, mescolandoli a modo suo, creando un ibrido culinario che nei secoli ha rappresentato la sua vera identità culturale-alimentare.
Gli storici dell'alimentazione (tra cui massimo Montanari) amano parlare di linee alimentari che sin dall'antichità hanno caratterizzato la penisola: al nord la linea maiale-burro (o lardo) - cereali, a sud quella grano-ulivo-vite, rifacendosi alle coltivazioni ed agli alimenti più in voga sin dall'alto medioevo-
Il nord "longobardo" (e precedentemente celtico) si caratterizza per la cacciagione, l'allevamento del maiale, l'essiccazione delle carni, e l'uso smoderato di grassi animali per il condimento delle vivande, tra cui il lardo (e successivamente il burro) la fanno da padroni.
La bassa incidenza iniziale della vite (poi impiantata dai romani..) porta ad usare vari cereali per preparare bevande alcoliche simili alla birra - come già spiegato in questo post di qualche tempo fa' - di cui i sovrani romano-barbari vanno pazzi.
La supremazia del maiale tra le carni è testimoniata dall'importanza che i Longobardi davano all'allevamento suino in Italia, con tanto di "ufficiali" addetti al loro mantenimento in Umbria e Toscana (l'arciporcaro), ed infatti molto frequenti sono i toponimi legati alla loro presenza anche nel nostro territorio: Borgaria ad esempio, o Portaria (presso terni), sono entrambi etimi "ingentiliti" da Porcaria.
La tradizione è molto antica; frequenti sono infatti le raffigurazioni dei maiali (o cinghiali) nelle tombe delle popolazioni Umbre, ed il ritrovamento di bronzetti votivi nella necropoli di Pentima, accanto a figure umane, ne è testimone.
In Umbria si sviluppa quindi la lavorazione della carne di maiale, Norcia diventa la "capitale" dell'arte che proprio da questa città prenderà il nome, la norcineria appunto.
I salumi umbri sono sin dal medioevo sinonimo di qualità, la carne di maiale si cucina, si sala per la conservazione, si trasforma, si include in ogni pietanza, e viene consumata in quasi tutte le stagioni, sebbene la tradizionale "spaccatura del maiale" avvenga proprio all'inizio dell'inverno, a dicembre, quando le famiglie si riuniscono nel casolare per preparare la carne, salarla, trasformarla in salsicce, prosciutti ecc, un'operazione che dalle nostre parti avviene ancora oggi, nel solco di una tradizione conviviale - contadina secolare.
L'Umbria però - dicevamo - è una cerniera tra nord e sud, e la vasta presenza di ulivi (con tutta la valenza simbolica di questa pianta, basti pensare a san Francesco..) sulle nostre colline determina da sempre il secondo grande "segno" culinario: l'olio d'oliva.
E' singolare che nei trattati di cucina medievali umbri il condimento a base di sale e lardo (anche per la conservazione della carne) venga spesso accostato all'uso dell'olio appunto, una convivenza pacifica tra i due Principi della tavola contadina, che qui non sembrano "bisticciare" per la supremazia come avveniva altrove in Italia.
L'olio ed il grano quindi, e conseguentemente l'altra grande invenzione della cucina contadina: le zuppe di pane ed olio e - soprattutto - la bruschetta, l'alfa e l'omega dell'alimentazione popolare da sempre, la koinè alimentare dell'Italia centrale, la perfetta coniugazione dei 2 elementi mediterranei presenti in queste terre: l'olio ed il pane.
La bruschetta - così come la pizza - è la base, il minimo indispensabile, il primo contatto del pane (quello umbro senza sale è il migliore allo scopo...) con l'olio nel frantoio, dopo la scottatura nel forno, con la semplice aggiunta di un pizzico di sale e pochissimo aglio, ma questa è solo la sua condizione "basic", sicuramente la più genuina, originale. Poi però arriva il resto: i pomodorini, i formaggi, addirittura la nobilitazione del povero pasto con il tartufo o i vari patè ecc...
La bruschetta è democratica, non ammette alto o basso, è nobile e popolare al tempo stesso, secondo i gusti!
Ecco quindi che la Festa di Campagna di Grano e Sale non è solo una ghiotta occasione conviviale, bensì un ennesimo passo nel solco di questa nostra tradizione secolare, verso la soddisfazione del palato e - perchè no? - dell'anima.